Protesi totali del gomito: una classificazione

Lo sviluppo delle artroprotesi del gomito ha avuto un ritardo rispetto alle artroprotesi di altre articolazioni come l’anca e il ginocchio. Oggi questo ritardo tecnico è stato recuperato, ma l’esperienza che si ha su queste protesi resta quantitativamente minore. Dopo l’introduzione delle prime protesi a cerniera a un solo grado di libertà si sono ottenuti dei progressi sia grazie all’applicazione delle conoscenze della chirurgia protesica del ginocchio che agli studi approfonditi del movimento di flesso-estensione.

Le protesi totali del gomito si distinguono in:

  • Protesi a cerniera vincolate

  • Protesi a cerniera semi-vincolate

  • Protesi a scivolamento, vincolate e non

  • Protesi di superficie (resurfacing)

In generale, le protesi vincolate sono usate raramente perché tendono a mobilizzarsi e a rompersi. In situazioni di salvataggio in cui c’è stata una massiva perdita di sostanza ossea, una protesi con un’articolazione omero-ulnare fermamente connessa può essere appropriata. Le protesi di metallo-metallo totalmente vincolate includono i modelli Stanmore, Dee, McKee, GSB I (Gschwend, Scheier e Bähler) e Mazas; tutti questi modelli in genere presentano una cerniera in metallo-metallo e fissazione ossea cementata con polimetilmetacrilato.

I modelli semi-vincolati sono protesi a due o tre parti con articolazione in metallo-polietilene ad alta densità, che possono essere connesse con un chiodino di bloccaggio o mediante meccanismo a snap-fit. Le protesi semi-vincolate a cerniera sono dotate di lassità intrinseca in varo-valgo che provvede alla dissipazione delle forze. La GSB III, la HSS-Osteonics e la Coonrad-Morrey sono tutte protesi semi-vincolate.

I modelli non vincolati di solito sono impianti a due componenti, che consistono in una parte di metallo che si articola con polietilene ad alta densità; in genere non hanno uno snap-fit, un vincolo o un chiodino di connessione. Alcuni disegni hanno un dispositivo di rivestimento e altri hanno lo stelo per la componente omerale. Le protesi non vincolate includono la protesi capitello-condiloidea (di Ewald) e i modelli di London, di Kudo, di Ishizuki, di Lowe-Miller, di Wadsworth e di Souter. Queste protesi sono in gran parte non vincolate nel tentativo di riprodurre anatomicamente le superfici articolari del gomito; ricostituiscono l’offset anteriore dell’articolazione rispetto all’omero e hanno un centro di rotazione unico. Tutte le protesi di rivestimento o non vincolate richiedono l’integrità dei legamenti e della capsula anteriore, nonché un allineamento statico appropriato. Possono essere ulteriormente divise in due gruppi: quelle che mantengono il normale rapporto tra l’omero e l’avambraccio nel piano frontale e quelle che riallineano il canale midollare dell’ulna con quello dell’omero. Se la perdita di tessuto osseo o capsulo-legamentoso è estesa, una protesi non vincolata non può generalmente essere usata.

La valutazione di molti disegni protesici deriva da relazioni preliminari su piccoli numeri di pazienti senza un metodo di accertamento standardizzato. Alcune relazioni si riferiscono a protesi di tipo diverso e includono pazienti con artrosi post-traumatica, artrosi degenerativa e artrite reumatoide. Questi fattori rendono attualmente impossibile il confronto tra i diversi impianti. Lavori più recenti permetteranno una migliore comprensione dei vantaggi e dei limiti dei vari modelli protesici.

La protesi di gomito Coonrad-Morrey è un sistema semi-vincolato, disegnato inizialmente nel 1969 e sviluppato in cooperazione con il produttore nel 1970. La protesi è in Titanium (Ti-6Al-4V), a cerniera, con un pin di bloccaggio che collega le componenti omerale e ulnare utilizzando un’interfaccia in UHMWPE, che impedisce il contatto metallo-metallo.

Il pin della cerniera rimane serrato in loco mediante un sistema maschio-femmina a pressione. La sperimentazione clinica della protesi è iniziata, su scala ridotta, nel 1973.

La protesi è stata specificamente disegnata con uno stelo ulnare quadrangolare, destro e sinistro, e uno stelo omerale triangolare, ambidestro, con un range di misure sufficientemente ampio per minimizzare la rotazione intramidollare sia nell’ulna sia nell’omero. Nel 1978 il disegno originale fu modificato (Coonrad II), per permettere 7° di lassità in modo da conformarsi alla lassità media dell’articolazione del gomito.

Questa modifica ha ottenuto l’effetto di diminuire la trasmissione di forze all’interfaccia cemento-osso, dato che la mobilizzazione in una protesi a cerniera è una delle complicazioni più comuni. È stato aggiunto uno stelo opzionale da 20 cm, che si adatta ottimamente alla curvatura anteriore fisiologica dell’omero distale, e resiste meccanicamente alle forze torsionali che vi si concentrano. La protesi è cementata ed è disponibile in tre misure: Extra Small, Small e Regular.

La protesi è stata ulteriormente modificata alla Mayo Clinic nel 1981 (Coonrad-Morrey) con una fascia di rivestimento poroso sullo stelo omerale distale e sullo stelo ulnare prossimale, per ottenere un ancoraggio ottimale. Nel 1992 il rivestimento poroso sulla componente ulnare è stato sostituito da uno strato di Precoat. Ciò ha aumentato la resistenza alla fatica della componente, senza sacrificare la forza d’ancoraggio del PMMA all’impianto. Dal 2002 questo rivestimento è stato a sua volta sostituito con Plasma Spray.

La seconda principale modifica è stata l’aggiunta di una flangia alla porzione distale dello stelo omerale, consentendo così l’inserimento di un innesto osseo anteriormente per massimizzare il bone stock nel punto in cui si concentra il massimo stress. La flangia e l’innesto osseo sono stati disegnati per resistere alle forze torsionali e a quelle dirette posteriormente, associate alla mobilizzazione dell’impianto. Questa protesi è stata ideata per essere cementata, per una fissazione immediata e a lungo termine. Non esistono indicazioni che ne giustifichino un utilizzo senza cemento.

Lo stelo omerale è disponibile in tre lunghezze (100, 150, 200 mm) per le versioni Small e Regular, mentre l’Extra Small è disponibile solo in due lunghezze: 100 e 150 mm. Dal 2002 esiste anche la versione a flangia lunga, Regular e Small da 100 e 150 mm, particolarmente indicato in caso di fratture gravi o comunque nei casi di massiccia perdita d’osso. Lo stelo da 100 mm è utilizzato nel caso in cui l’articolazione della spalla sia stata o debba essere protesizzata.

Lo stelo ulnare è disponibile nelle seguenti misure: Extra Small (112 mm), Small (75 e 112 mm), Regular (87 e 112 mm).

La mobilizzazione, sebbene piuttosto rara con una protesi a cerniera semi-costrittiva, è più probabile che si verifichi nell’interfaccia cemento-osso, quando si utilizza una protesi di diametro piccolo, o di lunghezza inadeguata, con una tecnica di cementazione sbagliata.

La protesi di gomito Coonrad-Morrey è stata disegnata per avere un numero sufficientemente ampio di misure da impianto, tale da adattarsi in modo ottimale all’anatomia del paziente.

Gli obiettivi della chirurgia ricostruttiva del gomito sono ristabilire la funzione attraverso la remissione del dolore e recuperare la motilità e la stabilità dell’articolazione. Quando si valutano i candidati all’artroprotesi di gomito, due sono i fattori da considerare: il paziente e l’impianto. Come hanno notato Morrey e altri, il gomito stabile e non doloroso che mantiene il movimento nell’arco funzionale non necessita di sostituzione protesica. Sebbene siano state riportate molte indicazioni, assolute e relative, la deformità e la scarsa funzionalità senza dolore non sono necessariamente indicazioni all’intervento. Similmente la debolezza e il fastidio causati dall’instabilità possono essere indicazioni relative, specialmente nei pazienti con artrosi post-traumatica.

L’indicazione primaria per la protesizzazione dell’articolazione del gomito è quindi il dolore. La protesi del gomito è stata usata con successo in casi di gravi distruzioni articolari che derivano da artrosi, artriti degenerative e lesioni traumatiche in associazione a dolore, perdita di motilità e instabilità.

La protesi si è rivelata particolarmente utile in caso di perdite massive di sostanza ossea, considerevole instabilità dovuta a lesioni traumatiche, nell’artrite reumatoide e nelle revisioni di altri interventi al gomito. In particolare viene considerata un’indicazione l’artrite reumatoide con evidenza radiografica di distruzione articolare, quando questa è troppo avanzata per beneficiare dell’escissione del capitello radiale e della sinoviectomia, specialmente nei pazienti con instabilità e rigidità dolorose che limitano le attività quotidiane.

È considerata un’indicazione all’artroprotesi di gomito anche all’anchilosi ossea o fibrosa con il gomito scarsamente funzionale. In pazienti con artrite reumatoide, l’impianto protesico dovrebbe essere preso in considerazione solo dopo che la terapia medica non ha avuto successo e la malattia è avanzata oltre lo stadio in cui la sinoviectomia sarebbe stata di beneficio. Nei casi di artrite reumatoide giovanile, Connor e Morrey riportano l’87% di risultati buoni o eccellenti dopo artroprotesi di gomito in 19 pazienti (23 gomiti) seguiti per 2 anni.

Il fallimento di un qualsiasi tipo di artroplastica di gomito può essere un’indicazione all’artroprotesi di revisione. Davis e altri suggerivano come indicazioni all’artroprotesi il dolore incoercibile con evidenza radiografica di distruzione delle articolazioni omero-radiale e omero-ulnare, l’instabilità e l’insuccesso della sinoviectomia con escissione del capitello radiale. Può rappresentare un’indicazione anche la perdita ossea provocata da un tumore, da un trauma o da un’infezione. Per esempio Cobb e Morrey considerano l’artroprotesi di gomito un trattamento soddisfacente per le fratture severamente comminute dell’omero distale nei pazienti anziani. Secondo Inglis, il miglior candidato alla protesi totale di gomito è il paziente affetto da artrite reumatoide notevolmente dolorosa ed invalidante con architettura articolare alterata. Lo stesso autore ammonisce che la decisione di intervenire con un impianto protesico deve essere presa cautamente, a causa dell’alto tasso di complicanze.

I pazienti con artrite reumatoide che presentano rigidità di gomito, limitazione del movimento, anchilosi, instabilità e dolore invalidante generalmente hanno risultati migliori a seguito di artroprotesi rispetto a quelli con artrosi post-traumatica.

La scelta del tipo di protesi dipende in larga misura dallo stato delle strutture capsulo-legamentose e dall’integrità della muscolatura del gomito, come pure dalla quantità di osso disponibile; più l’articolazione è stabile, migliore è la situazione per un reimpianto con una protesi di superficie o non vincolata. I modelli maggiormente vincolati dovrebbero essere riservati a pazienti con lesioni estese dei legamenti e della capsula articolare con atrofia muscolare e con perdita di una notevole quantità di osso.

Le controindicazioni specifiche comprendono tutte le situazioni patologiche della mano che ne causano il malfunzionamento, o la grave compromissione del controllo motorio. Precedenti infezioni od osteomieliti costituiscono altresì controindicazioni. Un’eccessiva rugosità della pelle, che causi un’insufficiente copertura dei tessuti molli potrebbe compromettere il successo dell’intervento, causando una deiscenza della ferita chirurgica.

La protesizzazione totale del gomito dovrebbe essere sconsigliata per un paziente con ritmi di lavoro pesanti o che pratica sport, in quanto queste sono tipiche situazioni in cui lo stress torsionale cui è soggetta l’articolazione è elevato. In questi casi è preferibile adottare soluzioni alternative all’impianto.

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