Sintomi, cause e terapia della sindrome di De Quervain
La sindrome di De Quervain è causata da movimenti ripetuti della pinza tra pollice e altre dita. Colpisce gli adulti in età lavorativa, in particolar modo le donne. Appartiene alla categoria delle tenosinoviti, patologie di tipo infiammatorio acuto e cronico che colpiscono i tendini della mano e del polso. In particolare si parla di due tendini, abduttore lungo ed estensore breve, che si trovano nel primo canale degli estensori.
Esistono diversi canali dei tendini estensori che fanno da puleggia ai tendini; il primo di questi canali ospita l’estensore breve e l’abduttore lungo del pollice, cioè due dei tendini estensori del primo dito della mano. All’interno di questo canale osteofibroso (che ha lo scopo di fare da puleggia ai tendini che devono seguire i movimenti dello scheletro del primo dito) possono avvenire per varie ragioni dei fenomeni di sinovite. Questa è una patologia infiammatoria a carico della membrana sinoviale (o sinovia), il tessuto che riveste l’interno delle articolazioni e i tendini. La tenosinovite in particolare è un’infiammazione che interessa la guaina sinoviale, la struttura anatomica che riveste il tendine per ridurre l’attrito da sfregamento lungo il suo decorso.
Nella fase acuta della malattia di De Quervain, tale guaina si irrita e comincia a produrre liquido sinoviale in questi spazi ristretti. La patologia è caratterizzata da una riduzione dello spazio disponibile in corrispondenza del punto in cui questi tendini coinvolti passano sopra una sporgenza ossea chiamata stiloide del radio: si crea quindi una frizione dolorosa durante lo scorrimento tendineo. Successivamente, nel caso in cui il disturbo si dovesse cronicizzare, la guaina diventa più spessa e va a ostruire il passaggio di questi tendini attraverso il canale osteofibroso.
Le fasi della malattia di De Quervain
Il morbo di De Quervain si distingue in 2 fasi. La prima è essudativa: significa che la guaina è normale, ma alcuni fattori chimici e biochimici la inducono a produrre più liquido sinoviale. Successivamente la produzione del liquido comincia ad arrestarsi e si verificano dei fenomeni di proliferazione a carico della guaina: le fila di cellule quindi si moltiplicano e la rendono più grossa. Questa fase viene definita come nodulare.
Le cause della sindrome di De Quervain
Molti sono i motivi alla base di questo processo infiammatorio. L’origine più frequente è dovuta a lesioni traumatiche. Un movimento repentino traumatico oppure gesti ripetitivi di tipo lavorativo o sportivo possono infatti rappresentare le cause scatenanti.
L’uso ripetuto e ripetitivo della pinza tra pollice e indice infatti può irritare i tendini, come un lavoro che prevede una ripetuta flessoestensione, cioè un movimento di piegamento e lateralità continua del polso con una presa fissa del pollice: questo tipo di movimento si verifica ad esempio quando si usano delle forbici, quando si cuce, quando si suona uno strumento musicale oppure quando si praticano sport come il ping-pong o il tennis.
Oggi, rispetto a ieri, i movimenti lavorativi ripetitivi, in particolare tutti quei gesti che coinvolgono il movimento del flesso-estensore del primo raggio del pollice (come usare il mouse o la tastiera del computer), possono provocare l’insorgere di questa patologia, soprattutto in soggetti predisposti.
Va sottolineato che possono essere colpiti sia uomini che donne, ma quest’ultime sono colpite con una frequenza maggiore. In genere i pazienti si ammalano in età giovanile o media, quasi mai in quella avanzata.
La sindrome di De Quervain della puerpera
Un tipo particolare di morbo di De Quervain è quello che avviene dopo il parto ed è noto come “De Quervain della puerpera”, perché è una patologia caratteristica proprio di questo periodo della vita femminile. Un tempo si pensava fosse dovuto allo sforzo della madre nel tenere il bimbo in braccio; in realtà oggi si sa che è legato a un particolare livello di ormoni presenti nel sangue dopo il parto. Pare infatti che questi tessuti siano molto sensibili alla presenza di questi ormoni e che quindi si possano irritare facilmente. Questo disturbo in genere è bilaterale, fatto che confuta la precedente tesi che vedeva come responsabile del disturbo l’abitudine di tenere il bambino in braccio: il bambino infatti si tiene con una mano, non con due.
I fattori di rischio
I fattori di rischio propri della malattia di De Quervain sono:
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Predisposizione individuale.
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Genere.
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Età.
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Attività ripetitive che prevedono il movimento di flessione-estensione del pollice.
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Sovraccarichi funzionali improvvisi.
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Una certa elasticità eccessiva dei legamenti e dei tendini nei soggetti cosiddetti “iperlassi”.
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Essere un paziente con malattia o tendenza reumatica (come fibromialgia e artrite reumatoide). propenso a sviluppare patologie dei tessuti molli e soprattutto della mano come tendiniti, artropatie e così via.
La malattia di De Quervain si può confondere con altre patologie della mano e del polso come il tunnel carpale o come le dita a scatto, che sono delle forme d’infiammazione dei tendini flessori, quelli che piegano le dita. Anche per quest’ultima patologia, quella delle casalinghe è una categoria a rischio per l’uso continuo della pinza digitale tra primo e le altre dita. I tipici lavori ripetitivi che possono causare tali movimenti, e quindi una continua tensione tra i tendini e una conseguente infiammazione, sono ad esempio usare le forbici, cucire e stirare.
Esempi di lavori spesso collegati alla malattia di De Quervain:
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Levigatura, molatura
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Perforatura, pressatura
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Taglio e cucito
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Sala operatoria
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Confezionamento e impacchettatura
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Guida camion
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Preparazione cibi
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Macellazione
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Uso di mouse o tastiera del pc
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Suonare uno strumento musicale
Diffusione della sindrome di De Quervain
Tra le patologie più comuni della mano la sindrome di De Quervain si trova al 3° posto. Al 1° posto troviamo la sindrome del tunnel carpale, mentre al 2° posto c’è la tenosinovite dei tendini flessori, cioè le famose “dita a scatto”. La sindrome di De Quervain è quindi una patologia piuttosto diffusa e piuttosto frequente. Nei soggetti giovani in età lavorativa colpisce circa il 20% della popolazione.
Il primo campanello d’allarme è sicuramente un dolore localizzato intorno allo stiloide del radio al lato dorsale e laterale del polso. Il dolore si acuisce nei movimenti di estensione e di flessione del pollice, ma anche quando si afferra saldamente un oggetto. Si tratta quindi di un dolore legato al movimento, almeno nelle prime fasi, quelle acute. Se trascurata, la malattia si può cronicizzare.
La guaina di questi due tendini diventa più spessa e si comincia a intravedere una tumefazione fissa lungo il decorso dei tendini, compatta e dolente alla pressione, corrispondente al canale fibroso. Questa deformità è caratteristica della patologia e si riconosce facilmente. Se il paziente continua a trascurarsi, il dolore può diffondersi dal pollice all’avambraccio.
Il morbo di De Quervain è una patologia isolata che non si associa ad altre problematiche: la diagnosi è quindi abbastanza semplice per un occhio esperto.
Il primo passo è ovviamente quello di una visita specialistica, necessaria a valutare l’aspetto clinico del paziente. Successivamente si effettua un’ecografia, che è in grado di studiare attentamente il canale e il movimento dei tendini nonché lo spessore ecografico della loro guaina. Ovviamente ciò deve essere associato a una radiografia per evitare di poter scambiare questa patologia con altre malattie scheletriche del polso, come la rizoartrosi (l’artrosi della base del pollice, cioè dell’articolazione tra il trapezio e il primo metacarpo), che colpisce una zona ad appena un paio di centimetri dalla zona tipica del morbo di De Quervain. Anche i sintomi sono simili: infatti in entrambi i casi il dolore è legato al movimento e sono presenti delle deformità. È necessario un occhio esperto per riconoscerle ed è dunque importante che il medico di famiglia faccia sempre riferimento allo specialista per la diagnosi. Va sottolineato però che le deformità sono differenti nelle due patologie: nella rizoartrosi sono di tipo osseo mentre nel morbo di De Quervain si osserva un nodulo sottocutaneo che può essere associato a delle formazioni cistiche, ma è piuttosto caratteristico e facilmente riconoscibile.
Durante la visita viene ispezionata la tumefazione e si chiede al paziente quali siano i suoi sintomi; di solito il paziente risponde di non riuscire a estendere e a flettere il polso. La palpazione aiuta a identificare la nodularità dolente in corrispondenza dello stiloide del radio. Poi lo specialista ricorre a manovre caratteristiche, come quella di obbligare il paziente a flettere il pollice verso il palmo della mano creando un ostacolo a questo movimento: il medico per fare resistenza metterà il suo dito contro il pollice mentre questo viene piegato.
Un’altra manovra risulta molto utile: il test di Finkelstein. Questo prevede la flessione a pugno chiuso del polso verso l’ulna, con un movimento di lateralità. Con questo test si provoca uno stress sull’abduttore lungo e sull’estensore breve del pollice. Il morbo di De Quervain è l’unica malattia che risponde a questo test.
Per permettere una guarigione ottimale dalla malattia di De Quervain bisogna saper usare al meglio l’arsenale terapeutico a disposizione: questo offre diverse armi, prima di tutte l’immobilizzazione della parte infiammata con tutori.
Prima di parlare terapia è necessario però aprire una parentesi. Bisogna tener presente che i due tendini coinvolti sono l’estensore breve e l’abduttore lungo del pollice e che entrambi si inseriscono alla base della falange basale di tale dito. Questo significa che questi tendini non hanno nessun rapporto con l’ultima falange del pollice, mentre si vanno a inserire invece nella prima, cioè quella attaccata alla mano. Di conseguenza la cosa più semplice è creare qualcosa che blocchi il polso e la prima falange del pollice: un tutore. Ovviamente è molto più semplice usare il tutore nella prima fase della malattia, quella essudativa, che dura di solito 2-3 settimane. Lo scopo è quello di impedire alla patologia di progredire verso una fase di proliferazione della guaina quindi verso la cronicizzazione.
La scelta del tutore si basa sulle necessità appena citate. Nella fase acuta per prima cosa viene indicato un tutore grossolano che immobilizzi la parte per 15 giorni circa; quindi, per circa un altro mese, si indossa un secondo tutore che lasci libera l’ultima falange per effettuare la pinza tra le dita.
Il tutore deve quindi bloccare, in successione andando dall’avambraccio verso la mano, la radio-carpica e la prima metacarpo-falangea, cioè l’articolazione tra il primo metacarpo della prima falange del pollice. Può invece essere lasciata libera l’ultima falange, perché, come spiegato, viene mossa dall’estensore lungo del pollice, che percorre un altro canale osteofibroso e non ha rapporto con i due tendini che si ammalano nella sindrome di De Quervain. Questo consente di usare dei tutori che non tolgono la pinza tra primo e secondo dito e consentono al paziente di mantenere un uso almeno parziale della mano anche durante il periodo di riposo forzato necessario per sfiammare la parte.
Dopo aver immobilizzato la parte infiammata bisogna associare delle terapie fisiche che permettano di asciugare la sinovite: in questo modo si ridurrà la produzione di liquido sinoviale e l’eventuale nodularizzazione della guaina, ovvero si impedirà che l’infiammazione si cronicizzi portando all’inspessimento della guaina.
Tra i mezzi fisici, utili nella fase essudativa, possiamo ricordare il laser, la magnetoterapia, la tecarterapia e ultimamente le onde d’urto. Le prime tre metodiche sono in grado di ridurre l’attività essudativa della guaina. Le onde d’urto sono suoni ad altissima frequenza che rompono la guaina sinoviale e contrastano la patologia sul nascere.
È possibile anche ricorrere a una terapia farmacologica a base di FANS, che sono efficaci contro il dolore, ma la cui azione si limita a essere sintomatica più che antinfiammatoria. La sindrome di De Quervain è molto profonda e chiusa, quindi il farmaco non riesce ad avere un’efficacia importante. Ma tutore, mezzi fisici e farmaci insieme offrono agli specialisti un ricco arsenale contro la fase acuta.
Esistono diversi tipi di tutori. Un tempo il primo presidio terapeutico per la malattia di De Quervain era quello di allestire un piccolo gesso che bloccava completamente il primo raggio e ci si aspettava che questo riuscisse a guarire la tendinite. Oggi il gesso è stato sostituito da tutori piuttosto grossolani che bloccano completamente tutte due le falangi delle dita (il primo raggio). Si usano nelle fasi più acute in sostituzione della stecca gessata. Questi tutori più grossolani possono essere costruiti con materiale morbido oppure plastico rigido, ma devono essere inseriti nel pollice in modo da modellarsi intorno al dito fino a fermarne il movimento. Solo in seguito si usa un tutore che blocca soltanto il polso e la prima falange.
Si potrebbe consigliare di usare per 15 giorni il primo tutore e poi passare per circa un mese all’utilizzo di un secondo tutore che svincoli l’ultima falange, in modo da favorire un minimo utilizzo della mano. In questa maniera viene preservata la funzione di pinza tra il primo e il secondo e terzo dito. In questo modo il paziente può per esempio scrivere o afferrare delicatamente le cose. Ovviamente vanno evitate prese di forza perché solleciterebbero la parte infiammata in maniera eccessiva. Ai tutori vanno associate anche terapie fisiche.
Nel caso in cui la malattia progredisca alla fase cronica perché le terapie non sono state sufficienti o perché il paziente si è presentato troppo tardi, cominciano a ridursi le possibilità che la patologia guarisca soltanto con un trattamento conservativo.
Se il paziente si presenta nella fase proliferativa e quindi nodulare, cioè nella fase cronica della malattia, allora dobbiamo orientarci verso un trattamento chirurgico. Va sottolineato che ci si trova di fronte a un impingement di tipo meccanico tra il contenente e il contenuto. Il primo, ovvero il contenente, è costituito dal primo canale dorsale del carpo, o canale di De Quervain (dal nome del primo medico francese che ha descritto la malattia), mentre il contenuto è rappresentato dai due tendini infiammati con la loro guaina malata.
Il trattamento chirurgico prevede l’apertura di questo canale che viene scoperchiato per il lungo con un intervento definito puleggiotomia: lo scopo è quello di liberare i due tendini e di eliminare così il conflitto tra contenente e contenuto. Contemporaneamente vengono ripuliti dalla guaina malata, che si presenta spesso piuttosto spessa e grossolana (contiene molto liquido sinoviale), iperemica e arrossata (perché ricca di sangue), con fenomeni di tipo infiammatorio cronico.
L’intervento risolve la patologia liberando completamente questi tendini in modo che possano scorrere senza incorrere più in questo attrito con la parete chiusa del canale. Le pareti di quest’ultimo rimarranno aperte per 1-2 mesi, poi si richiuderanno rimanendo però un po’ più larghe. Nel frattempo i due tendini saranno riusciti a guarire. Si ripristina così la funzione fondamentale della puleggia che è quella di obbligare tendini a seguire la morfologia dell’osso cioè quello del radio, del metacarpo e poi della prima falange (altrimenti costituirebbero l’ipotenusa di un triangolo, la corda di un arco).
Qualche volta uno dei due tendini si può presentare come doppio dimostrando un dimorfismo non raro. L’intervento è ambulatoriale/day-hospital e di solito in anestesia locale, perché queste zone sono innervate dalle branche sensitive del nervo radiale che si può facilmente bloccare con piccole quantità di anestetico locale, come per esempio la lidocaina o la carbocaina. Si effettuano incisioni di 1-2 cm, quindi minime. Dopo l’intervento Il movimento viene o concesso subito per consentire a questi tendini di scorrere bene.
Ma dato che in seguito a ogni atto chirurgico entra in gioco la fibrina, una colla naturale contenuta nel sangue implicata nel risanamento dei tessuti, Il movimento immediato consente anche di evitare possibili aderenze tra i tendini che possono verificarsi durante la guarigione.
Mano e polso recuperano praticamente da subito alla loro corretta mobilità anche se, come detto in precedenza, il canale rimane aperto. Il paziente torna molto rapidamente all’uso della mano senza grande impegno. Il fastidio e il dolore post operatorio sono molto limitati. Un effetto collaterale può essere un po’ di gonfiore legato alla ferita, ma è un fatto normale nel postoperatorio.
Da segnalare la possibilità, in alcuni casi, di una complicanza legata alla presenza di nervetti, i rami terminali sensitivi del nervo radiale che aderiscono alla parete del canale. Questi, nel caso più serio, possono essere lesi accidentalmente durante l’intervento ma in mani esperte di solito questo non accade; oppure per i primi tempi possono essere un po’ adesi alla cute cicatriziale indurita e quindi dare dei fenomeni di sensibilità alterata della pelle circostante. Sono fenomeni comunque transitori, che possono in genere essere risolti massaggiando un po’ la zona cicatriziale per ammorbidirla.
Scopri di più sull’area chirurgica relativa a questa malattia:
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