Terapia del dolore cronico neuropatico: ruolo del chirurgo e strategie riparative
Molti anni ormai sono passati dalla nascita e dallo sviluppo della microchirurgia ricostruttiva dei nervì periferici in seguito a lesione da eventi traumatici. Sin dai primi anni ’60 l’avvento del microscopio chirurgico operatore ha aperto ampie prospettive di possibilità riparativa del nervo periferico e dei plessi nervosi, in particolare del plesso brachiale. Soprattutto in ambito ortopedico la conoscenza anatomica e la pratica chirurgica hanno consentito di definire una classificazione della lesione nervosa, il timing terapeutico e il trattamento più opportuno.
Soprattutto in Italia la nascita e lo sviluppo di note scuole e di maestri come Ezio Morelli e Giorgio Brunelli ha favorito la crescita e la diffusione di raffinate tecniche chirurgiche ricostruttive e ha consolidato una tradizione tecnico scientifica di livello internazionale.
La lesione dei nervi periferici e del plesso brachiale determina la paralisi sensitiva e motoria dell’organo innervato, compromettendone permanentemente la funzione specifica sul piano della vita biologica, relazionale, lavorativa e quindi sociale del paziente. Tuttavia mentre risulta facile comprendere la paralisi come rappresentazione di minus funzionale, più difficile è la comprensione dell’insorgenza del dolore cronico in seguito alla stessa lesione nervosa. Infatti in molti casi la lesione del nervo periferico comporta la genesi e il consolidamento di un dolore “neuropatico” con caratteristiche di cronicità oltre che la paralisi funzionale.
Tali quadri patologici comportano la necessità di affrontare la patologia del dolore cronico che ha visto l’affermazione e la diffusione delle tecniche di terapia del dolore. Si tratta di una specialità di tipo medico che raccoglie anestesisti, algologi, neurologi ecc. specializzati in particolare nella cura del dolore neuropatico.
Tuttavia, nell’ambito della microchirurgia riparativa, l’esperienza maturata in 40 anni nella riparazione della lesione nervosa ha stimolato il desiderio di analizzare le possibilità di sviluppo e di definizione del ruolo chirurgico nell’ambito dell’arsenale terapeutico nel trattamento del dolore cronico.
I nervi periferici sono costituiti dai prolungamenti (o cilindrassi) delle cellule motrici delle corna anteriori del midollo spinale, delle cellule a T dei gangli spinali e di fibre nervose simpatiche mieliniche.
I cilindrassi si associano in fascicoli avvolti dal perinervio e i fascicoli a loro volta sono avvolti dall’epinervio. Ogni fascicolo contiene quindi le fibre nervose costituite dall’assone e dalle sue guaine. Le guaine sono formate dalla cellula di Swann che, avvolgendosi su se stessa, forma in successione la guaina mielinica, la guaina di Swann e il tubo endoneurale. Se nel corso della lesione nervosa il tubo neurale rimane integro si potrà avere la reinnervazione sia in caso di aprassia (lesione assonale senza degenerazione walleriana) che in caso di assonotmesi (lesione assonale con degenerazione walleriana). Se di contro il tubo neurale viene interrotto si avrà la neurotmesi e non si potrà avere reinnervazione.
I fenomeni successivi alla lesione sono estremamente interessanti: la cellula nervosa, il neurone, passa dallo stato di quiescenza allo stato di “attivazione” cambiando la sua fisiologia sia a livello del corpo cellulare che a livello periferico; inizia quindi la propria riparazione, sia della porzione sensitiva che motoria.
Ma se nel caso della neuroaprassia la reinnervazione è consentita secondo tempistiche abbastanza conosciute, nel caso di neurotmesi (interruzione di continuità del nervo) i tentativi di riparazione sono ostacolati dalla produzione fibroblastica concomitante. Questa, associata al disordine anatomico dei fascicoli nervosi lesi, determina la formazione del neuroma traumatico, formazione neurocicatriziale estremamente dolorosa.
In sostanza per lesione nervosa periferica distinguiamo la sofferenza del nervo su base traumatica acuta e cronica, con o senza soluzione di continuo.
Più complesso è l’approccio terapeutico per la mano e il polso. È sorprendente pensare al numero di ossa e di articolazione che costituiscono la nostra mano. Dopotutto è proprio grazie a questa estrema complessità che l’uomo ha a disposizione un organo raffinatissimo, probabilmente l’apoteosi del movimento. Pensiamo ai gradi di libertà del polso, alla possibilità unica tra gli animali di opporre, nella mano, il pollice alle altre dita. Una conquista che ci permette di afferrare con maggiore o minor forza, di regolare finemente la presa.
I meccanismi patogenici della lesione sono:
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Compressione
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Taglio
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Lacerazione e contusione
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Strappamento (con associazione a perdita di sostanza)
Per comprendere la lesione da compressione bisogna definire il concetto di “compartimento”, ovvero di spazio chiuso in cui si verifica una discrepanza meccanica fra contenente e contenuto.
Se consideriamo la particolare vascolarizzazione del nervo periferico comprendiamo come l’aumento di pressione nel compartimento determini fenomeni in successione di edema, flogosi, aumento della pressione intraneurale e fibrosi reattiva. Ciò porta una condizione di ischemia a carico della struttura nervosa.
Il tempo in cui il nervo viene sottoposto a ischemia è relativo al tempo di compressione che può essere limitato (compressione funzionale) o permanente, se la compressione si prolunga nel tempo.
Dal punto di vista anatomo-patologico la deformità del nervo avrà i seguenti aspetti:
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Impronta
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Dilatazione a clessidra
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Pseudo neuroma
Dal punto di vista del comportamento clinico si avranno le seguenti fasi:
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Fase sensitiva
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Fase sensitivo motoria
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Fase motoria (paralisi)
La lesione con perdita di continuità del nervo periferico determina la formazione del neuroma traumatico con meccanismo sopra descritto, così come la formazione dello pseudo neuroma in continuità (lesione incompleta con perdita di continuità parziale del nervo).
La diagnosi di neuroma traumatico risulta piuttosto difficoltosa e spesso tardiva. L’obbiettività clinica è rappresentata solitamente da dolore con sensazione di scossa elettrica alla palpazione e percussione della zona dolente (segno di Tinel).
La funzione sensitiva o motoria a valle della lesione è di solito alterata o compromessa a seconda che si tratti di nervo sensitivo, motorio o misto. La diagnostica per immagini è limitata (ecografia, RMN) e ha ruolo ancillare all’osservazione clinica. La terapia è decisamente chirurgica, in quanto è necessaria l’asportazione del neuroma e la riparazione della continuità nervosa.
Il timing dell’atto chirurgico è discusso spesso in dipendenza della difficoltà della definizione diagnostica precisa. La precocità relativa del trattamento della lesione è auspicabile in tempi brevi (2-4 mesi) e tuttavia l’indicazione alla riparazione chirurgica deve essere prolungata anche a 1-2 anni nel caso di osservazioni molto tardive.
Le possibilità di riparazione chirurgica sono rappresentate da:
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Neurolisi
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Neuro plastica diretta o con innesti nervosi.
Il trattamento chirurgico deve tenere conto di:
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Fattori generali (età, stato di salute, tipo, sede e complessità della lesione nervosa)
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Fattori locali (lesioni associate, infezioni)
Inoltre questo tipo di chirurgia prevede necessariamente la padronanza della tecnica microchirurgica, ovvero chirurgia effettuata con mezzi di ingrandimento (microscopio operatore). L’innesto nervoso prevede l’utilizzo di un nervo donatore autologo, di solito il nervo surale, o di innesti sintetici (microtubuli) di recente acquisizione. La scelta si basa sulle dimensioni del nervo da innestare e sulla lunghezza della lesione.
Il trattamento successivo di tipo fisiatrico e neurotrofico prevede un tempo di sequela di 1-2 anni prima di definire lo score del risultato funzionale.
Definite le possibilità e i limiti della microchirurgia ricostruttiva nel trattamento della lesione del nervo periferico, negli ultimi anni si è sviluppato particolare interesse verso queste tecniche e verso l’approccio algologico del trattamento del dolore cronico.
Si è sempre considerato l’approccio al dolore cronico solo dal punto di vista medico e farmacologico sottovalutando il concetto originario di dolore come derivazione della lesione del nervo periferico. Pur considerando la dicotomia tipica dell’atteggiamento medico contro quello chirurgico, oggi non è più accettabile l’esclusività nell’approccio verso una patologia invalidante come il dolore neuropatico.
La maturità scientifica acquisita dai due ruoli oggi impone una visione più globale e complementare e non più sostitutiva. La capacità microchirurgica e l’esperienza hanno consentito di sviluppare idee e tecniche utili al trattamento globale del dolore neuropatico come conseguenza della lesione del nervo periferico. Ricordiamo infatti che dal punto di vista anatomo-patologico, le cause più frequenti di dolore cronico sono l’ischemia nervosa periferica nelle sindromi distrofico compressive e la formazione del neuroma traumatico nelle lesioni con soluzione di continuo del nervo periferico.
Il microchirurgo deve quindi applicare tecniche chirurgiche in grado di migliorare le condizioni locali della lesione nervosa e limitare il danno da deafferentazione che sarà di competenza del terapista del dolore e dell’algologo. Questo movimento culturale nell’ambito microchirurgico ha portato allo sviluppo di alcune idee tecniche atte al miglioramento della vascolarizzazione del nervo sofferente (che per ragioni di compressione meccanica e cicatriziale viene a trovarsi in condizioni di grave ischemia) e nel trattamento del neuroma traumatico.
Le tecniche chirurgiche si possono sintetizzare nelle seguenti categorie:
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Neurolisi e decompressione microchirurgica nelle sindromi canalicolari croniche e nelle sindromi da intrappolamento cicatriziale del nervo periferico;
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Asportazione chirurgica del neuroma traumatico, causticazione del moncone nervoso relativo, marsupializzazione muscolare dello stesso moncone (tecnica classica)
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Applicazione di un innesto nervoso tra i monconi con lo scopo di prevenire la recidiva del neuroma
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Copertura dei monconi nervosi e/o del nervo con tessuto adiposo libero e copertura con lembi fascio cutanei o fascio mio cutanei, al fine di creare una “coltre” meccanica e di tessuto ipervascolarizzato del nervo leso o compresso da tessuto distrofico-cicatriziale.
Non si tratta quindi di tecniche nuove, ma della loro applicazione in ambito di chirurgia ricostruttiva ai fini non tanto di recupero anatomico e funzionale ma di ausilio nel miglioramento delle condizioni locali del nervo sofferente o leso, nell’economia generale del trattamento del dolore cronico neuropatico.
Le attuali terapie del trattamento del dolore cronico o dolore neuropatico sono sicuramente appannaggio della terapia del dolore e dell’algologia che con la moderna farmacologia, i nuovi mezzi fisici e l’impianto di neuro stimolati o neuro modulatori risponde in modo efficace alle esigenze terapeutiche di una patologia così difficile da inquadrare e gestire.
Il dolore cronico rappresenta purtroppo in più ambiti patologici, dal post trauma all’oncologia, un sintomo difficile da lenire quando non si rappresenta come patologia a sé stante. Il ruolo della chirurgia e in particolare della microchirurgia ricostruttiva in selezionati casi in cui si individui nella lesione nervosa periferica l’origine e la causa del dolore cronico (come sindrome compressiva primitiva o secondaria o come esito traumatico) ha assunto negli ultimi anni un rilevante interesse.
Tecniche classiche di ricostruzione microchirurgica del nervo periferico e di chirurgia plastica dei lembi escono dagli ambiti tradizionali per proporre soluzioni innovative in associazione alle tecniche di terapia del dolore. Finalmente un settore in cui si viene a verificare ciò che nella moderna medicina dovrebbe essere auspicabile: il positivo concorso di menti e di mezzi sanitari atti ad alleviare la malattia in tutti i suoi aspetti.
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